L’intervento di reimpianto di artroprotesi comprende diversi tempi operatori, strettamente legati a quanto evidenziato nel corso dello studio pre-operatorio, ma passibili di modifiche alla luce di quanto si mette in evidenza nel corso dell’intervento stesso.
Il reimpianto potrà essere solo parziale, nel caso in cui coinvolga solamente una delle due componenti protesiche (acetabolo o stelo), oppure totale, nel caso coinvolga entrambe.
Fasi dell’operazione di reimpianto di artroprotesi d’anca
1. RIMOZIONE DELLA O DELLE COMPONENTI MOBILIZZATE Rimozione della o delle componenti mobilizzate, usurate, deformate o fratturate. In particolare, la rimozione dello stelo espone ad un rischio elevato di frattura della diafisi; la rimozione dei cotili può essere particolarmente indaginosa e, nel caso di cotili notevolmente migrati verso il bacino, come già detto, va considerato il rischio di una lesione dei vasi pelvici. Qualora l’osso femorale sia estremamente assottigliato o lo stelo protesico abbia dei punti di ancoraggio all’osso estremamente “saldi”, sarà necessario eseguire una apertura nell’osso femorale “finestra ossea” per estrarre la protesi evitando la rottura del femore stesso. In tal caso lo stelo protesico da impiantare dovrà essere più lungo del precedente per superare la finestra ossea praticata (steli da revisione, ossia steli lunghi, che fanno presa sulla porzione distale del femore e superano la porzione d’osso rovinata dal precedente impianto).
2. RIMOZIONE DEL CEMENTO
Rimozione del cemento eventualmente presente: anche questa manovra va eseguita delicatamente per non ledere l’osso residuo a volte molto esiguo.
3. CORREZIONE DEI DIFETTI OSSEI
Correzione dei difetti ossei: spesso l’usura dei materiali protesici e i movimenti delle componenti mobilizzate portano ad un rimaneggiamento dell’osso del bacino e del femore, per cui è necessario correggere questi “vuoti” utilizzando degli innesti ossei di banca. Tali innesti derivano da donatori e sono stati sottoposti a tutti i test volti ad escludere la presenza di malattie trasmissibili. Nel caso di grossi difetti della parete mediale dell’acetabolo può rendersi necessario posizionare delle reti o degli anelli metallici, fissati con viti all’osso, ad evitare la migrazione della coppa nel bacino.
4. IMPIANTO DELLA NUOVA COMPONENTE PROTESICA
Impianto della nuova componente protesica: a seconda delle condizioni locali dell’osso si opterà per un impianto cementato o non cementato, e in quest’ultimo caso per lo più per un inserimento a press-fit, con l’eventuale utilizzo di viti per il cotile.
5. ACCOPPIAMENTO DEI MATERIALI
Accoppiamento dei materiali: a volte il chirurgo è condizionato all’uso di accoppiamenti (testina e inserto acetabolare) dal precedente impianto: quando si sostituisca una sola componente protesica si dovrà utilizzare un tipo di protesi e di materiale che si “adatti” alla componente protesica rimasta in sede.
6. SOSTITUZIONE DEL SOLO INSERTO
Sostituzione del solo inserto: in determinati casi, in cui l’usura dei materiali protesici (soprattutto il polietilene) abbia portato a un rimaneggiamento osseo, ma non a una vera e propria mobilizzazione della protesi, l’intervento sarà limitato alla sostituzione delle componenti usurate (testina e inserto della coppa) ed eventualmente al riempimento dei difetti ossei con innesti di banca.
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Tratto da “La protesi d’anca mobilizzata: l’intervento di reimpianto”
di A. Toni, A. Sudanese, L. Busanelli, P.P. Calderoni, C. Masetti, S. Stea, I. Fusaro, L. Lena
Pubblicato da Istituto Ortopedico Rizzoli – Bologna – 2003
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