Diversi possono essere i sintomi che portano il paziente all’osservazione dell’ortopedico. Nella maggior parte dei casi il paziente, che è portatore di una artroprotesi o di una endoprotesi d’anca, lamenta una sintomatologia dolorosa, che può localizzarsi principalmente a livello inguinale (1), lateralmente al trocantere (2), a livello della coscia (3) o al ginocchio omolaterale (4), solitamente il dolore si manifesta durante i movimenti dell’anca o durante la deambulazione. Un dolore a riposo o irradiato all’intero arto deve indirizzare la diagnosi verso una patologia infiammatoria-reumatica o una patologia del rachide lombare (sciatalgia…).
In altri casi, la sintomatologia è meno evidente o tutt’al più il paziente presenta zoppia durante la deambulazione. II controllo radiografico di routine, che deve sempre essere eseguito almeno una volta all’anno proprio al fine di evidenziare precocemente eventuali immagini sospette di mobilizzazione, evidenzia un riassorbimento dell’osso che circonda la protesi.
Per contro, ci sono casi in cui i sintomi sono eclatanti, come nel caso delle lussazioni acute o recidivanti della protesi, delle rotture complete delle componenti protesiche, di una frattura dell’osso femorale attorno alla protesi o di infezione della protesi. In quest’ultima evenienza, oltre al dolore, il paziente può accusare febbre, malessere generale, arrossamento della cute, fino alla comparsa di fistole, ossia di tramiti tra la zona di infezione e l’esterno da cui fuoriesce del materiale purulento: in questo caso, l’iter diagnostico potrà essere simile alle protesi non infette, ma il trattamento prevederà provvedimenti differenti quali pulizie chirurgiche, terapie antibiotiche mirate fino ad arrivare alla necessita di espiantare la protesi.
Cause che richiedono il reimpianto
Le cause possono essere meccaniche, per mancanza di osteointegrazione tra osso ospite e protesi, o biologiche per l’usura di una componente protesica, usura che provoca la formazione di un tessuto da corpo estraneo attorno alla protesi tale da erodere l’osso attorno all’impianto. Per usura delle componenti protesiche si intende il consumo delle componenti che formano l’accoppiamento articolare fra testina protesica e inserto acetabolare: in particolare è l’accoppiamento che prevede l’uso del polietilene (materiale plastico) che presenta la più alta incidenza di usura paragonato agli altri accoppiamenti (ceramica-ceramica o metallo-metallo).
Mobilizzazione asettica della protesi
Un episodio di lussazione può risolversi senza reliquati, mentre più lussazioni possono provocare l’instabilità dell’impianto o una usura della componente cotiloidea e richiederne la sostituzione.
Esito espianto
L’infezione di un impianto protesico o una perdita di osso troppo abbondante attorno ad un impianto può aver richiesto l’asportazione della protesi per l’impossibilità momentanea di ottenere un impianto stabile o permettere la guarigione della infezione stessa.
Mobilizzazione settica
Si può inserire momentaneamente, tra bacino e femore, un cemento spaziatore che eviti la formazione di tessuti che ostacolerebbero poi l’impianto di una nuova protesi. Una volta risoltasi l’infezione o ripristinata la massa ossea si può procedere ad impiantare una nuova protesi.
Rottura di una componente della protesi
In seguito a trauma violento o per traumatismi minori ma ripetuti si può avere la rottura di una componente della protesi: in tal caso l’intervento sostituirà solo le parti protesiche deterioratesi.
Frattura ossea
Sia al cotile che, piu frequentemente, al femore l’osso sollecitato da un trauma può fratturarsi; in caso di gravissima osteolisi dell’osso attorno all’impianto causata dall’usura si può avere una frattura patologica, cioè anche senza un trauma violento o una caduta, ma solo per debolezza dell’osso.
Tratto da “La protesi d’anca mobilizzata: l’intervento di reimpianto”
di A. Toni, A. Sudanese, L. Busanelli, P.P. Calderoni, C. Masetti, S. Stea, I. Fusaro, L. Lena
Pubblicato da Istituto Ortopedico Rizzoli – Bologna – 2003
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